domenica 6 dicembre 2015

Paura della solitudine nell'autenticità

Sono riuscita a dire che sono dentro un ruolo che non capisco più.
Più che a dire, a scrivere. La mia relazione con Diego sta' prendendo forza per lui. E più prende forza per lui e mi lega, più sento la mia verità asciugarsi.
Mi vuole vicina nel suo lavoro, nelle sue nevrosi. Corro da una parte all'altra di Milano per lui e poi per me.
Qualcosa non funziona. Ho sognato la morte. E in quel sogno c'eravamo io e lui. Suo padre. Sua madre. I genitori di lui morti. E tutte le mie parole. Le mie parole.
Mi ha portata in studio con lui. E' strano. Mi ha sempre detto che lì le donne non dovevano entrarci. Nel suo studio. Nel suo lavoro. E infatti ero l'unica donna. Nella sala di registrazione, ha fatto ascoltare alcuni pezzi ai musicisti. Io seduta in un angolo.
Luca Meneghello, uno dei chitarristi jazz più bravi d'Italia, registra un assolo su uno dei pezzi. Lo risentono e sentono gli altri. Fanno i complimenti a Diego per la composizione di una con: "Geniale l'idea dei fiati qui".
Abbasso lo sguardo. Diego mi prende e dice: "Beh, l'idea non è mia, ma di Annalisa". In un orecchio mi dice: "Non prendo più le tue idee.. diamo a Cesare quel che è di Cesare".
In passato è stata una delle lotte. Prendeva le mie idee per usarle per se stesso. Per farsi importante con le altre donne anche. Invece ora il cambiamento. A cui non sono abituata.
Poi parlo con Giuliano per i video da fargli: "Curali tu.. pensaci tu.. mi fido di te". E così gli curo l'immagine. Settimana prossima tornerò in studio con lui a riprenderlo, a decidere che video fare. A curarlo in toto.
Solo due anni fa sarei stata al settimo cielo. Eppure qualcosa è cambiato. Ho partorito. E mia figlia mi sta' aspettando. Lui mi toglie energie e non è mai venuto a vedermi.
Più mi allontano, più mi prende. Come se percepisse ora la mia presenza artistica e il mio femminile, quel femminile come forza anche per lui.
Eppure, la pelle se ne sta' andando. Non è caduta del tutto, ma sotto c'è già quella nuova.
Evidentemente ho ancora paura perché non la lascio cadere. La rimetto su. La vecchia me.
Quella che metteva il desiderio dell'altro prima del proprio. Eppure mi stanco a lavare i piedi di Diego. Ora. E di qualsiasi altro uomo.
Non guardo più il suo cellulare. Non m'importa delle sue donne. So che è un vizio che non passerà mai. Perché ha un'anima dipendente. Così come so che lui mi ama di più. E che sta' diventando dipendente da me. Non fa più niente senza un mio ascolto. La spinta energetica e d'amore della Diva sono io.
Eppure sento di non essere io.
In quel ruolo di assistente/badante, non riesco più a stare.
E lui mi fa scenate di gelosia. Per altri artisti. Mi vuole rinchiudere con lui nelle sue gabbie dorate.
Sento solo una voglia di fuggire e una sorta di tristezza per la mancanza di coraggio che sento ancora.
Eppure io vorrei solo essere sostenuta ed amata per la mia diversità. Da lui come da mio padre.
Ed in questo tentativo perdo la mia essenza perché non potranno mai veramente capirmi. Hanno troppe paure, troppa paura di vivere ancora per comprendere la mia sete. Che fa paura. Fa solo paura ai più.
Così come ancora a me fa paura la solitudine. Di quest'essenza artistica. Perché la maggior parte delle persone, degli uomini è abituata ad amare la sicurezza. La comodità di una persona che si annulla o fa compromessi con il desiderio dell'altro.
Invece io vorrei essere amata solo per la mia autentica diversità. Accettare questa assunzione, implica solitudine. Una grande solitudine.
E ancora mi fa paura.

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