mercoledì 4 novembre 2015

Posso darti quello che desideri?

E' nata.
E' stata una giornata lunga. Domenica mattina mi sono svegliata terrorizzata nella mia stanza di albergo. In pieno centro a Torino.
Avevo lasciato i pesci per la scena nel frigo del bar dell'hotel. "La prego. Ne abbia cura. Mi servono per lo spettacolo".
E' comico il mio rapporto con i pesci anche nel reale. Le sono andata a comprare la mattina. In pescheria. " Due orate.. si.. queste qui..". Le ho scelte. Una è Clark Gable, l'altra è per il mio piccolo attore.
"Queste sono favolose in forno.." dice il pescivendolo.
"Ah no.. ma io non le mangio.. mi servono in teatro.. recitano con me..".
Mi ha guardata proprio come se fossi matta. Mi ha anche fatto lo sconto. Anche in albergo. A Torino. Ma non importa. Si, magari un po' lo sono, ma magari meno di chi le mangia.. E' sempre tutto relativo. Come i concetti che dico nel mi spettacolo.
Vado in camera. Sono un po' nervosa. Dormo male. Ho il reflusso. Come le donne incinta.
La mattina mi alzo presto e vado a correre. Una doccia veloce e poi lascio la camera.
Dopo aver pagato dico: "Ho le mie orate nel vostro frigo bar. Le ho lasciate al suo collega ieri notte".
Il tipo alla reception risponde serio e rispettoso: " Ah si.. certo.. gliele prendo subito". E me le porta impacchettate, come se fossero gioielli. E lo sono. "Bravo.. - penso -.. non ti ucciderò..". Ragiono già come la mia Mala.
Arrivo in teatro in orario. Elena è iperattiva come sempre. Un po' nervosa, ma carica. Io sono più trattenuta. So bene che vedermi così la terrorizza, ma mi sto' concentrando. A mio modo.
Facciamo le luci. Poi la generale. E nel preparare la scena mi mette i pesci che ha recuperato in una pescheria. Completamente marci. Sono solo per la generale. "Per stasera avrai cinque pescioni da dare al pubblico. Li cuciamo insieme dopo".
La generale va. Io trattengo. Per esplodere in serata. Sono terrorizzata. Devo tenere da sola il pubblico per un'ora. Non sono mai stata da sola in scena. Così tanto.. E' un salto. Un bel salto.
Finita la nostra prova, lasciamo la sala alla compagnia dopo di noi.
Andiamo in un caffè. Elena parla e parla. Agitata. Io sono trattenuta. Sempre. Ascolto. "Lisa, ma tutto ok?".
"Si, sto' cercando la mia linea di basso.. il dolore sotterraneo su cui improvvisare per un'ora".
Torniamo in teatro. Cerco una stanza in Cavallerizza. E dopo uno spuntino iniziamo il training. E lì lei capisce che ci sono.
Mi vesto, mi trucco, mi pettino. Poi lei porta i pesci. Sono enormi. E puzzano. Tantissimo. Ho quasi il vomito e penso al pubblico: "Come reagirà?".
Io mi abituo alla puzza. Alla puzza d'amore. Alla puzza che tutti nascondiamo nella nostra borghesia.. E cucio i pesci con il mio filo blu. Mi basta poco e sono già lei. Mancano 20 minuti allo spettacolo. Scendiamo in teatro. E prepariamo la scena. Metto Clark nel mucchio di pesci puzzolenti e avvolti in una rete e nascondo il pesce per il piccolo Davide.
Poi Elena mi lascia lì. Con uno dei miei pesci enormi da cucire. Entro in me ed inizio le domande con cui aprirò lo spettacolo.
Elena apre la porta del teatro ed entrano gli spettatori.. Come un leone mi butto su di loro..
"Posso darti quello che desideri? Vuoi farti di me? Dei miei odori? Io sono un'innocente?". Alcuni ragazzi ridono. Uno mi risponde. E' il primo con cui interagisco e gli regalo il pesce. "E' ancora viva". Lui lo prende e resta a fissarmi. Seduto. Incredulo e catturato.
E' iniziata... Distribuisco gli altri pesci. Cerco chi ha paura. Chi non vuole essere guardato. E parlo con loro. Piango. Rido. Faccio piangere e poi ridere. Li abbraccio. Gli parlo in un orecchio. Ad ognuno. E poi torno nei miei monologhi. Ai miei coltelli. Al sangue e alle mie vittime.
E' una montagna russa. Per me. Per loro.
Non vola una mosca. Sono con me. Io non sono più io. Faccio l'amore con loro. Mi do' a loro e loro mi prendono. Mi vogliono. Assetati del sangue vivo che metto lì. In scena. Senza paura. Sono nuda.
Elena in regia anche è catturata e dimentica una luce.. Ma andiamo avanti. E' magia. Dio mi sta' attraversando.
E' l'ultima scena. Buio. Poi luce. Io ed il bambino. Con il pesce e la domanda.
"Posso darti quello che desideri?". E il piccolo mi guarda. Sono madre. Lei è nata. O rinata. Tra i pesci morti che ricucio.
E l'infanzia violenta che denuncio. Non ho più paura.




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