domenica 22 novembre 2015

Il coraggio della propria diversità

Il coraggio della mia diversità.
E' questo quello che manca. "Lisa, non aprirti a loro. Se ancora non sei pronta, frequentali senza aprirti: non sei una donna, ma un'artista!".
C'è una sofferenza infinita dietro questa incapacità. Perché c'è bisogno di dividere?
La mia vera anima è chiara, è così chiara agli altri e non a me. E' come se dovessi sempre chiedere scusa o inventare scuse per farmi accettare. O uscire di nascosto per raggiungere il mio desiderio. Mentre lui dorme, come quando dormiva mio padre.
E' così scontato e semplice da capire nella razionalità, ma nei meccanismi pratici della vita quotidiana ancora mento. Mento con chi non può vedermi.
E mi faccio del male con loro perché non sono degna di un amore vero ed autentico.
Non c'è protezione.
Diego dice che sono la sua compagna, eppure io non mi sento tale. Cosa significa essere compagna per lui? Gli sto' dietro e curo il suo lavoro. Oppure lavo le sue tazze o i piatti del giorno che non ha voluto lavare perché non sa farlo. Non è abituato. 
Non la so più fare la Maria Maddalena. Non li lavo più i piedi a Gesù. Questa devozione è qualcosa che mi da' un senso di morte. Di chiuso. Finito.
Il CD è metà fatto anche di mie idee musicali oltre ai tre testi che hanno scelto Bungaro e Ivan Segreto.. Dice: "Cosa vuoi di più? I tuoi testi li hanno scelti tra gli altri come i più belli?". Cosa voglio di più?
Non ammetterà mai che sono compagna in quello per lui. Dirà che sono una percentuale, come gli altri.
Poi cerco su google come una stupida di Camille Claudel e finisco su Franca Rame e tutte, tutte hanno la mia stessa sofferenza.. Camille per anni lavora ed ama Rodin. Crea con lui e fanno l'amore in tutti i modi possibili in cui un uomo ed una donna possono farlo, ma poi c'è un maschile che non sa mettere da parte il proprio ego e la paura. Paura di cosa? Di perdere un potere? Illusorio?
Perché nessuno potrà mai togliermi dalla testa che non è l'eccesso di queste donne l'unica colpa del loro fallimento ( se di fallimento si possa parlare per donne come Franca Rame o Camille), ma l'incontro con un maschile che non sa amare la diversità del femminile.
Che un artista possa stare con una donna più semplice, più a suo servizio, è una regola che nasce già da un fallimento umano. Così come che una donna artista debba rinunciare al suo essere donna è un altro fallimento.
Sarà utopia, ma perché rinunciare al coraggio della propria diversità per incontrarne un'altra che dia quell'amore in più? 
Un uomo che ho rincorso per anni ora vuole solo me e mi chiama compagna e dietro questa definizione vedo solo la morte dell'amore autentico.
E' veramente quel che voglio?
Ieri sera ho visto The Lobster. Per quanto sia un film incasinato e pretenzioso nel progetto, l'idea è interessante. Questa costrizione alla coppia.. Queste regole del più forte.. Questo dover essere in coppia per poter essere amato, accettato e curato. Coperture per un sociale che per inglobarti deve riconoscerti. Escludendo il diverso dal proprio mondo di colori.
Se ti assumi il coraggio della tua identità potrai incontrare critiche o incomprensioni, però sarà l'unico modo per poter essere veramente te stesso e vivere la vita che davvero vuoi.
Che è una frase meravigliosa, ma dove si celi questo coraggio ancora non so.. 

mercoledì 4 novembre 2015

Posso darti quello che desideri?

E' nata.
E' stata una giornata lunga. Domenica mattina mi sono svegliata terrorizzata nella mia stanza di albergo. In pieno centro a Torino.
Avevo lasciato i pesci per la scena nel frigo del bar dell'hotel. "La prego. Ne abbia cura. Mi servono per lo spettacolo".
E' comico il mio rapporto con i pesci anche nel reale. Le sono andata a comprare la mattina. In pescheria. " Due orate.. si.. queste qui..". Le ho scelte. Una è Clark Gable, l'altra è per il mio piccolo attore.
"Queste sono favolose in forno.." dice il pescivendolo.
"Ah no.. ma io non le mangio.. mi servono in teatro.. recitano con me..".
Mi ha guardata proprio come se fossi matta. Mi ha anche fatto lo sconto. Anche in albergo. A Torino. Ma non importa. Si, magari un po' lo sono, ma magari meno di chi le mangia.. E' sempre tutto relativo. Come i concetti che dico nel mi spettacolo.
Vado in camera. Sono un po' nervosa. Dormo male. Ho il reflusso. Come le donne incinta.
La mattina mi alzo presto e vado a correre. Una doccia veloce e poi lascio la camera.
Dopo aver pagato dico: "Ho le mie orate nel vostro frigo bar. Le ho lasciate al suo collega ieri notte".
Il tipo alla reception risponde serio e rispettoso: " Ah si.. certo.. gliele prendo subito". E me le porta impacchettate, come se fossero gioielli. E lo sono. "Bravo.. - penso -.. non ti ucciderò..". Ragiono già come la mia Mala.
Arrivo in teatro in orario. Elena è iperattiva come sempre. Un po' nervosa, ma carica. Io sono più trattenuta. So bene che vedermi così la terrorizza, ma mi sto' concentrando. A mio modo.
Facciamo le luci. Poi la generale. E nel preparare la scena mi mette i pesci che ha recuperato in una pescheria. Completamente marci. Sono solo per la generale. "Per stasera avrai cinque pescioni da dare al pubblico. Li cuciamo insieme dopo".
La generale va. Io trattengo. Per esplodere in serata. Sono terrorizzata. Devo tenere da sola il pubblico per un'ora. Non sono mai stata da sola in scena. Così tanto.. E' un salto. Un bel salto.
Finita la nostra prova, lasciamo la sala alla compagnia dopo di noi.
Andiamo in un caffè. Elena parla e parla. Agitata. Io sono trattenuta. Sempre. Ascolto. "Lisa, ma tutto ok?".
"Si, sto' cercando la mia linea di basso.. il dolore sotterraneo su cui improvvisare per un'ora".
Torniamo in teatro. Cerco una stanza in Cavallerizza. E dopo uno spuntino iniziamo il training. E lì lei capisce che ci sono.
Mi vesto, mi trucco, mi pettino. Poi lei porta i pesci. Sono enormi. E puzzano. Tantissimo. Ho quasi il vomito e penso al pubblico: "Come reagirà?".
Io mi abituo alla puzza. Alla puzza d'amore. Alla puzza che tutti nascondiamo nella nostra borghesia.. E cucio i pesci con il mio filo blu. Mi basta poco e sono già lei. Mancano 20 minuti allo spettacolo. Scendiamo in teatro. E prepariamo la scena. Metto Clark nel mucchio di pesci puzzolenti e avvolti in una rete e nascondo il pesce per il piccolo Davide.
Poi Elena mi lascia lì. Con uno dei miei pesci enormi da cucire. Entro in me ed inizio le domande con cui aprirò lo spettacolo.
Elena apre la porta del teatro ed entrano gli spettatori.. Come un leone mi butto su di loro..
"Posso darti quello che desideri? Vuoi farti di me? Dei miei odori? Io sono un'innocente?". Alcuni ragazzi ridono. Uno mi risponde. E' il primo con cui interagisco e gli regalo il pesce. "E' ancora viva". Lui lo prende e resta a fissarmi. Seduto. Incredulo e catturato.
E' iniziata... Distribuisco gli altri pesci. Cerco chi ha paura. Chi non vuole essere guardato. E parlo con loro. Piango. Rido. Faccio piangere e poi ridere. Li abbraccio. Gli parlo in un orecchio. Ad ognuno. E poi torno nei miei monologhi. Ai miei coltelli. Al sangue e alle mie vittime.
E' una montagna russa. Per me. Per loro.
Non vola una mosca. Sono con me. Io non sono più io. Faccio l'amore con loro. Mi do' a loro e loro mi prendono. Mi vogliono. Assetati del sangue vivo che metto lì. In scena. Senza paura. Sono nuda.
Elena in regia anche è catturata e dimentica una luce.. Ma andiamo avanti. E' magia. Dio mi sta' attraversando.
E' l'ultima scena. Buio. Poi luce. Io ed il bambino. Con il pesce e la domanda.
"Posso darti quello che desideri?". E il piccolo mi guarda. Sono madre. Lei è nata. O rinata. Tra i pesci morti che ricucio.
E l'infanzia violenta che denuncio. Non ho più paura.




martedì 3 novembre 2015

L'amore in più

Ci sono cose che non so dirti
Sarà questa fragilità
O questa paura di vivere
Che tanto ti fa ridere
E questo "amore"
Che mi fa arrabbiare
O sarà un bimbo che grida
Appena arriva il buio.
E ti cerco nel sonno
La mia testa sulla tua schiena
Le mie dita risucchiate
nella tua calda creatività
lì mi nascondo ogni notte
Per trovare l' amore in più.
Che manca nel mosaico
della mia umanità.
E' facile scrivere.
La nostra canzone
Un figlio da ascoltare
quando io non sarò più lì,
o tu qui.
E lei viaggerà libera
Ma è facile scrivere.
E le parole sono parole.

O solo parole.