lunedì 12 ottobre 2015

La polvere della verità

Sono a casa. In Liguria. Nella casa dove sono cresciuta. In via Giovanni Bosco. Era una casa bianca che mio nonno aveva comprato appena in costruzione.
Mi piaceva quella casa. Anche se non avevo una mia camera, ma dovevo condividere gli spazi con mio fratello.
La mia scuola di musica era venuta anche a Spezia. Ci andava mio padre e poi per qualche strana ragione aveva iniziato ad andarci anche mio zio.
Piove. Sono grande già, l'età di adesso, ma è come se fossi tornata indietro nel tempo. Ci sono luci rosse nel cielo. Il cielo rosso dei tramonti e delle albe. Io ho un vestito bianco e sono a piedi nudi. In casa giro sempre a piedi nudi.
Ma anche in Liguria. Mi piaceva da bambina. Mia madre dal terrazzo mi dice di andare a comprare qualcosa dalla lattaia. E io non so perché ma ho paura di vederla. Dopo tanti anni.
Tuona. Avevo sognato tanti anni fa un diluvio, il diluvio che poi venne a Vernazza.
C'è sempre quest'acqua. Tanta acqua.
Rientro con un pacchettino e vedo mio zio uscire dal portone. Ora ci abitano loro lì, ma io sono confusa ancora. Tra passato e presente. Ha una borsa e mi dice che va anche lui lì. Che avrà la mia insegnante di canto in Nam. Gli dico di dirle che è mio zio. "Magari ti tratta bene".
Poi vado con lui. Per seguirlo. Aiutarlo. In questa mia modalità di essere madre dei grandi.
Protettiva. Non sono mai stata protetta.
Siamo nella sala attesa della scuola. Ci sono tutti gli insegnanti. Ma la sala d'attesa è in realtà quella di un albergo.
Devo salire. Nell'ascensore ci sono due uomini. Uno di questi è un noto regista e attore. Mi sembra Verdone. E la cosa mi fa ridere. Ha un cellulare e mi chiede un aiuto per alcune applicazioni.
Resto alcuni giorni in quell'albergo. L'amicizia con il regista diventa sempre più stretta e di nutrimento reciproco.
Ama prospettive diverse. E m'invita un giorno a stare fuori. Su dei letti sospesi. Sospesi su dei carrelli. Usciamo dalla finestra per raggiungere i letti. Ognuno il suo letto.
Ho sempre avuto paura dell'altezza. Ma lì con lui no. Poi lui si avvicina e mi fa vedere altre cose al telefonino. Ci sporgiamo un po' e io ho paura che lui cada. Ma sento che lui non ne ha. E mi tranquillizzo.
Poi mi sdraio e d'impeto faccio un movimento vivace e repentino. Uno dei miei. E il mio letto sospeso si muove e sbatte contro il suo. Lui cade e rimbalza.
Io vedo tutto. Dall'alto vedo tutto. Ma lui non so neanche più se sia un lui, ma una lei. Eppure io la vedo come fosse un uomo.
Lui è a terra. E' vivo, ma non sa più se riesce a muovere le gambe. Arriva l'ambulanza. Mi sento osservata e come al solito ho paura di avere rovinato tutto. Mi chiedo cosa accadrà. Se perderò il sogno.
Il buio e mi risveglio in una casa calda. C'è il suo amico che ride. Io sono lì e vedo che a letto c'è lui. Il regista. Che però ha un altro volto. Non è Verdone è un altro uomo, ma è più asciutto. Ha gli occhi diversi.
Vado a letto da lui. Lo abbraccio. Piango. Lui ride e mi abbraccia. Sento tanto calore. Amore. Comprensione. Non l'ho fatto apposta. Lui lo sa.
C'è questa luce rossa. Di un fuoco. Il rosso di qualcosa che avvolge. Di un amore che cerco in una comprensione.
Mi addormento tra le sue braccia. Poi capisco che quella casa è un ospedale o una specie di. Ci sono donne vestite di bianco. Tutte giovani. Più o meno giovani.
Arrivo e con me c'è l'uomo, il regista che ora è in piedi. Guarito. Cammino. Loro non dicono nulla. Non ci sono parole. Solo suoni e colori.
Loro alla vista dell'uomo diventano serie. Vanno a prendere delle scatole. Dentro c'è una polvere bianca.
Chiedo cosa ci sia dentro e loro mi rispondono che sono le loro ceneri. Lì dentro c'è la loro verità. Quello che vedo io, quelle donne giovani che ridono vestite di bianco sono solo proiezioni. Ma non esistono.
Arriva anche un'attrice, Sandra Milo. E' giovane. "Devo anch'io prendere le mie ceneri". Capisco che per lei non significa scomparire. Le svuota su di sé e diventa vecchia. "Sono io questa. Non più quella". E va via più consapevole. Meno leggera. Non triste, ma più consapevole.
La maggior parte della altre donne scompare. Scompare appena si getta addosso le polveri.
Resto sola. Non c'è più neanche l'uomo.
Sono in strada. A Spezia. Piove. Con una donna che mi conosce, ma non so definirla. Piove. E' notte.
Entriamo in un auto. Poi ricordo un dolore al braccio e mi sveglio. Nel buio. 

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