venerdì 25 settembre 2015

True love waits

Fermiamoci su questa paura di essere ferma.
Cosa significa essere ferma per me? Significa paura di perdere il mio corpo. Il buio. E l'attesa. E l'incapacità di essere responsabile in questa attesa.
Torniamo indietro. Il mio corpo è tornato a darmi segnali. Il polpaccio. Mi sono fatta male.
Qualche giorno fa ero ad un corso di Excel. Ancora. Corsi su corsi. Diego. Sono stata da lui il fine settimana. Dolore e incomprensione ancora con lui. E così io corro e corro. Chilometri su chilometri. E il polpaccio mi ha lasciato. Mi ha detto basta.

Sono andata in Liguria da lui perché dice che stiamo insieme. E io lo dico a me stessa.  O mi lascio convincere quando attorno a me milioni e milioni di segnali...
Ma c'è una bambina in me che ancora spera che le parole siano vere.
Stiamo in casa. Lui mi fa vedere un libro su Agassi. Non legge mai eppure quello lo comprerà. Gliel'ha consigliato Romina. Una delle sue amiche. Eppure non lo dice. Io lo so.
Passiamo un fine settimana dove io sono al suo servizio. In questa casa vista mare.
Lui va a giocare a tennis. Io lo aspetto con Jack e gli cucino. Ho imparato a cucinare. Imparato..
Ne sono sempre stata capace. Ma per me significava essere una donna sfigata. Era il mio modo di fuggire alla donna che mio padre voleva che io divenissi.
Così correvo forse verso l'estremo per la disperazione di non volermi rassegnare di morire in una forma che non mi apparteneva.
Ma per Diego ho messo uno sguardo creativo. Inventando anche lì. Per amore o perché lui possa un giorno amarmi di più. O vedermi o riconoscermi.
Ma non mi vede. E' rispondere ad un suo bisogno di donna.. di rispondere ad un sua fantasma e di stare nella sua illusione di avere la mia intelligenza a suo servizio. La mia creatività che riempie la sua caduta in una spirale di pigrizia.
Sono lì con il mio pc. Al telefono con Matteo, il ragazzo che sta' producendo. Deve finire la sua biografia da mandare a Sanremo.
"Annalisa, fai tu. Parlaci tu". E sono lì, al telefono con il ragazzo, a correggere e cucire. Mentre lui cucina il polpo con le patate per la sera e fuma fuma fuma...
Vado lì perché lui mi riconosca. Nella speranza che lui mi riconosca e mi ami di più.
E divento quello che non sono.
Tanto lui non modificherà mai se stesso. Lui starà sempre lì. Nella casa che ha comprato per sé. Ha lasciato Milano. Che io ci sia o meno è la stessa identica cosa.
Scrivo il soggetto per il videoclip. Al telefono con Matteo e poi lui con l'agenzia che lo segue.
Diego guarda le partite.
Parto e so che vuole che io me ne vada per continuare a fare le sue cose. Vuote. Sono un po' un peso nella sua quotidianeità fatta di ripetizioni e della sua idea di libertà di "faccio quel che mi pare".
Arrivo a Milano e so che è in chat con questa Romina. Ora è lei che riaccende le sue fantasie erotiche.
Una vecchia amica. Più vecchia di me. Eccitante perché lontana e solo nelle sue fantasie. Priva di responsabilità.
E tutto questo non c'entra con l'amore. Non posso più andare da lui perché mi riconosca. Cosa riconosce se la sua vista è parziale e limitata a se stesso?
La bugia di essere quel che non sono. Quello può riconoscere. Non potrà mai amarmi fino in fondo. E non posso demandare ad altri la responsabilità di amarmi e riconoscermi.
Illusioni. Per mancanza di coraggio. Scendere nel tentativo di una riconoscenza. Di un abbraccio verso la mia essenza. E' un'illusione.
Scendo per perdere me stessa. Quella donna sul tavolo che sta' tentando di nascere e che io combatto con tutte le forze di una Daurine impaurita dalla verità e dalla forza di questa Mala che deve andare in scena a breve.
Oublier.. Il faut tout oublier et tuer Daurine. Il faut la tuer. Prima che il conflitto riduca in cenere ogni mia verità.





Nessun commento:

Posta un commento