mercoledì 16 settembre 2015

ERALDO



Mi vedi? Chi sono? Cosa sono? Arrivo alle 23h30. Lui è giù a Vernazza. E in casa non c'è. Arriva in motorino. Sono dietro di lui. Nascosta dietro la sua auto. Non mi sente. Non mi vede. E' buio, ma faccio rumore. Le mie dita scontrano la portiera della sua auto. E' al telefono che mi chiama. Non ha neanche capito che il mio cellulare a casa sua non prende.
"Buh!". Salta e dice: "Porca troia!" e continua con una serie di parolacce mentre io rido e rido… Perché è come un bambino che non vuole crescere.
"Ma sei cretina a farmi questi scherzi? Potrei rimanerci..". Lui è tutto lì.. Fermo. Mentre io sono in movimento intorno a lui. Si è rifugiato nel mio mare perché ama quella bellezza da dove provengo e s'illude di trattenerla e di trattenersi. E' ubriaco. Lo sento al primo bacio e mi arrabbio. Dice: "Ma no, ho bevuto solo un po' ". Poi scendiamo a Vernazza. Vado in casa a lasciare le valigie, le borse, il microfono, il vestito della Spiaggia che mi sono cucita e che interpreterò in paese per la festa mentre lui suonerà. Scendiamo in motorino con Jack. Il suo cane che è anche mio. O nostro. Giù c'è Eraldo. Un personaggio che andrebbe bene nella Mala o nella Parola dell'Altro. Nei miei progetti diseducativi o antieducativi. Legati ad una disobbedienza.
Eraldo ha tre figli, due mogli, o ex mogli. Lavora se ha lavoro. Le cose più belle nelle case di Vernazza le ha fatte lui. Non le ho viste. So che vive in una stanza del paese. Me l’ha detto Diego. Io non sono mai andata troppo sul personale. Perché essendo riservata io, non sopporto di invadere i confini dell’altro.
Ma è un artista. Lo percepisco. 
Eraldo sa tutto del paese e della storia. E' talmente estremo e fuori delle regole che lo capisco. Non servono tante parole con lui. Poi io sono nata lì, in Liguria, anche se mi dice: "Una spezzina milanese non l'avevo mai vista". Lui ha scritto un pezzo in difesa di questa spiaggia selvaggia nata dalla violenza. Anche lui come me o come molti in paese non vogliono che venga chiusa. A parte per la bellezza, ma anche per la simbolicità che si porta dietro.
Sono andata lì una notte di due anni fa. Con Diego. A baciarci di fronte al mare nero. Quando lui stava con Maria Teresa e ripeteva che non ero adatta a lui perché la tavola alla 20h30 per cena non gliela avrei mai saputa far trovare.. Ora siamo lì insieme a "lottare" perché non la possano chiudere. La nostra spiaggia. Ho scritto un monologo. E interpreterò questa spiaggia. O me stessa poi.
Parlo con Paola, una cantante amica di Diego e di Eraldo. Poi arrivano Massimo ed altri.
"Ho perso il portafogli". E’ Diego. Sono anni che si perde tutto. Mi basta assentarmi un attimo perché si perda pezzi di sé. Sono seduta in piazzetta vicino ad Eraldo. Sembra Osho. Fisicamente. Io non parlo e lui non parla. E' un dialogo tra liguri perfetti. Diego sta' parlando con alcuni ragazzi. Fumando. " Non compra neanche la casa nel bosco di Bonassola". Eraldo interrompe così il silenzio tra noi." Dici? Per me andare a vivere lì con lui è davvero complesso. Non potrei per sempre come vorrebbe lui". Eraldo sorride e sornione mi dice: " Eh lo so.. te non sei donna da spiaggiarsi. Sei una sirena". Poi passano dei ragazzi e uno fa degli apprezzamenti. Diego mi guarda come fossi un aggettivo possessivo." Se guardi così hai paura che te la portino via..". Poi rientriamo. E mentre lui va a prendere il motorino, Eraldo mi dice "Ma ti fidi di lui?". E dico: "Sono tre anni ormai che ci nuoto dentro..". Lui ride e dice: " Allora vuol dire che quando portava qui la bancaria c'eri già e le faceva le corna". E io ridendo: " Lì chi facesse le corna a chi non si è mai capito..". Poi incalza " Ma tu ti fidi di lui?". E con un sorriso gli dico: " Mi fido di me. Mi basta questo". Poche parole. Uno sguardo e tra liguri emarginati in modo diverso dalla nostra terra, ci capiamo. Salgo in motorino con Diego. Jack con noi. 
Il giorno dopo è la serata in difesa della spiaggia. Come sempre il tutto è organizzato un po’ “superficialmente” e non so bene se chi debba sentire le nostra urla ci sia. Ma tra il pubblico intorno alla grotta che porta alla spiaggia nuova, ci sono tanti bambini, persone del paese, la mamma di Diego, Diego, ed Eraldo.
Lui è Vernazza. Finita la serata, non gli parlo ancora. L’urlo della spiaggia mi appartiene. Me ne sono andata a diciotto anni per non essere chiusa o bonificata.
Arriva Ferragosto. Diego suona al Blue Marlin con altri musicisti arrivati da Milano. Sembra così viva e ancora più bella Vernazza avvolta dalla musica.
Eraldo è sempre lì. Ad ascoltare. Si confonde tra le pietre e le case.
Finita la serata, scendiamo in piazzetta. Mi siedo vicino a lui. Diego sparisce.
Eraldo ha un tatuaggio sul braccio. “L”. Gli chiedo chi sia questa “L”. E mi racconta la storia di una ragazza amata in gioventù. Non era di Vernazza. Veniva lì in vacanza. Non aveva una gamba. “Ma era bellissima” mi dice. La corteggiava con garbo. “Per farle di-capire che non la di-volevo di-prendere in giro”. Mette la “di” davanti alle parole perché ha avuto un problema di “balbuzie”.
 E quando finisce una frase mi guarda per mettere il punto.
Insomma, alla fine “L” e Eraldo passano una notte insieme. Lei si fida di lui.
“E poi?”. Chiedo. Perché lui si è interrotto salutando qualcuno nel movimento della piazza a Ferragosto. “Ah, non l’ho più vista. E’ sparita”.
Ma è sul suo braccio.
Diego arriva. Sbuca fuori dal bar. Lo stesso dove aveva perso il portafogli. Ha un bicchiere in mano. “Lei ti voleva intervistare su Vernazza”.
Si, ma alla fine è più interessante l’umanità di Eraldo. “Chiedimi di-quello che vuoi di Vernazza. So tutto” dice lui. E così l’argomento si sposta lì. Sulla piazza che dopo l’alluvione è una schifezza e “una vera presa per il culo”. Le luci. Lo stile. Tutto. Come le fogne vicino alla spiaggia nuova.
E mi conferma le ragioni della mia fuga a diciotto anni. Una gestione in mano alla mafia.
Non gli dico che scrivevo per Il Secolo XIX.
Ho scritto per anni. E spesso in difesa dei luoghi. Non gli dico che anni fa un giornalista di Der Spiegel mi contattò perché aveva scoperto, con un’inchiesta  partita dalla Germania, che  Ilaria Alpi, una giornalista che amavo, era stata uccisa proprio perché aveva scoperto un traffico di armi e di rifiuti tossici che dall’Africa finivano sepolti nella mia terra.. Nelle discariche. Intorno a Spezia. Sotto la terra che io amo tanto.
Questo già nel 94, quando avevo diciotto anni. E pensavo di poter salvare il mondo. Al giornale mi censurarono. Mi dissero “Tutta Spezia e la Liguria è piena di rifiuti tossici e di mafia.. mica possiamo metterci contro..”.
Questa fu la ragione per cui me ne andai a Milano. Per salvarmi forse. O per codardia. O forse perché non ero abbastanza forte per non diventare vittima anch’io di una mentalità che ha rovinato un paradiso.
Questo ad Eraldo non l’ho detto. Ma lui l’ha detto a me. A modo suo.
Lui è rimasto. Io me ne sono andata. Ora ritorno e mi sento ancora legata alle rocce, a questo mare. E vedo sempre di più il male.
Eraldo ha reagito con la “violenza” alla stupidità delle persone del posto. “Sono stato in galera”. Mi confessa. Non so perché. Ma penso che le sue reazioni forti, siano solo forme di ribellione verso l’ignoranza.
L’innocenza è una colpa. A volte lo è.
Poi non so perché, ma torno agli affetti. Gli chiedo delle sue mogli. Dei figli. Delle mogli non vuole parlare. O non in quel momento. Ma verso i figli sento una paternità vera. Presente.
“Sai, quello che mi di-manca è una carezza la sera. Quando torno a casa. Mica di di-trombare. Ma un affetto, quello si”.
Poi mi parla della solitudine. E mi ricorda Pasolini. Perché solo chi ha imparato ad essere forte, può amare la solitudine e quindi vedere la vita. Quella vera.
Diego risbuca dal bar. “Amore, andiamo via”. E’ completamente ubriaco. Mi viene da piangere. Pianto misto a rabbia. Saluto Eraldo di fretta e gli chiedo se posso tornare da lui ad “intervistarlo” o semplicemente ad ascoltarlo. Mi dice: “Quando vuoi”.
Vado via con Diego e Jack. Diego si ferma poco dopo. Sulle scalette della farmacia. “Lasciami qui un attimo. Poi mi riprendo e andiamo”.
So benissimo che non ce la fa. Non riesce ad andare dritto.
Vado da Massimo e gli chiedo se può aiutarci. Non so portare il motorino e Diego non è in grado di guidare.
Dopo varie resistenze, Massimo chiama Eraldo. Gli lascia l’auto ed inizia il rientro a Drignana più divertente della mia vita.
“Tira giù il finestrino se devi vomitare..” dice Eraldo ridendo a Diego. “Devi di-stare attento. Mica ci sei solo tu: hai lei e una di-bestiolina”.
Nella radio c’è un CD di musica classica ed Eraldo fa le curve da Vernazza a Drignana con la sicurezza e la guida selvaggia che conosco. O riconosco. Perché da ragazza con mio fratello e i suoi amici le vivevo tutte così.
Solo i “culi bianchi” non guidano così. Sembra un rientro misto ad un horror o un film surreale.
“Tutto bene là dietro?” mi chiede Eraldo. Certo che si. So che conosce quelle strade ad occhi chiusi.
Ci lascia sani e salvi davanti casa. Gli do’ un bacio pieno di riconoscimento. Anche Diego lo ringrazia.
La mia notte poi sarà difficile. Nella rabbia. Ma mi ha salvata il mio alter ego. Eraldo.
I giorni successivi torno a Milano. Rientro con uno spettacolo scritto in un pomeriggio. Per il Blue Marlin. Per Diego e Pietro. Un musicista ed un attore. Due artisti. Che omaggiano un po’ Vernazza e un po’ il locale che ospita musica. L’ho scritto per Massimo che ha prestato la sua auto per portare su Diego. E per Eraldo, che so che amerà.
Infatti la serata viene bene.
E dopo poco Eraldo mi dice: “ Dovete ripeterla qui quella cosa lì..”. Perché lui vede la vera Bellezza. E desidera solo l’amore vero per la sua terra.
Non so rispondergli. Me lo dice con gli occhi buoni e fragili nascosti dai capelli e dalla barba bianca. Forte e fragile allo stesso tempo. Come me.
Ma io me ne vado.
Tornerò a Milano con il mare dentro e la solita sensazione di non aver mai fatto abbastanza. O di essere fuggita. Lasciando lì a combattere parti di me.
Ma torno a Milano con il mare dentro e gli occhi di Eraldo che mi dicono: “Mi di-manca solo una carezza la sera”.

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