venerdì 3 luglio 2015

Universo

E' davvero molto strano parlare con lui.
Ero abituata ad un ambiente ridondante. A tante foto. O libri. A tanti input che erano pieni dell'ego dell'altro. Ad un certo punto non avevo più spazio. Non riuscivo più a respirare per un maschile che invece di farmi analisi, in realtà mi usava per la sua. E mi ha uccisa nell'indifferenza della sua superficialità.

La stanza di Paolo è piccola. Fredda. Mi stringe la mano e ci diamo del "lei". Non mi fido. Ormai non mi fido più molto dell'incontro analitico.
Penso che sia un mestiere che sta' più nella vocazione..  Troppo raro da mettere in pratica. Rasenta quasi la santità nella mia idea. E la santità non è cosa da essere umano. Credo non esista. O sia solo una costrizione.
Tuttavia mi affido.
Il mio rapporto con Diego è ripreso da più di sei mesi. Con alti e bassi. Con la passione dell'arte in comune. Così forte. La musica. E non solo.
Dice che sono la sua "fidanzata" eppure io in questo periodo della mia vita sfuggo e temo ogni definizione. Soprattutto se arriva da lui che mi vuole decifrare, inquadrare.  E più lo fa, più sfuggo. Andremo avanti così in eterno.
Eppure il tentativo di unire le nostre diversità in uno sforzo reciproco m'intenerisce. Dice: "Dove vado senza di te?".
Vivo nella dinamicità, lui nella stabilità delle sue finanze e nelle comodità. Che a me fanno paura. Ho trovato un perfetto equilibrio con il mio secondo lavoro che mi permette di essere libera al punto da vivere per l'amore più grande che ho. Il teatro. La scrittura. La musica. Funzionali alla vita che sento esplodere dentro.
Diego mi dice: " Ho paura della normalità". Eppure si crea mondi dorati. Portandosi dietro sempre il piano, il mac e le sue paure. Lo amo anche per questo.
Mi fanno ridere le sue paure. E i suoi tentativi goffi di non amarmi. Di non amarsi. Siamo ancora qui. Dopo tre anni di rincorse, rinunce, virus, tradimenti reciproci. Anch'io l'ho tradito.
Eppure in questo momento della mia vita sento che il tradimento più grande sarebbe contro di me. E il vero amore. Che è il teatro.
Parlavo della morte qualche sera fa con Diego. Lui non ne vuole parlare dopo la morte di suo padre. E' un argomento che non riesce ad affrontare.
Ed io invece dopo IT Festival, la sera che sono uscita dalla rappresentazione della Mala, e ho visto i volti di quei ragazzini con le lacrime che si chiedevano se il mio pesce fosse vivo o morto.. e artisti più maturi di me  che mi sono venuti a stringere la mano.. ecco, quella sera ho pensato "potrei morire adesso che mi sentirei a posto".
E' come se avessi avuto la sensazione di toccare me stessa. A un punto tale che il dolore del non vivere che mi aveva portata da Giovanni.. perdeva ogni palpitazione.
Ho capito che la mia rinascita e la mia vita non sono nella coppia. E' importante, ma il mio sé realizzato nella sua verità è più importante per concludersi e spegnersi nell'universo.
La coppia è costruita per proteggersi dal dolore. Per celare la nostra impotenza. Mi ha sempre fatto paura l'idea di coppia. Individui che si mettono insieme per fuggire a se stessi. Per non sanguinare più. Perché con un po' d'intelligenza, il sé prima o poi esce. Soffocato dall'educazione. Dai messaggi di un sociale che ci vuole tutti uguali e omologati o inseriti. In cosa? In una morte in vita.
"Andiamo a convivere a ottobre. Vivi da me. E quando torno dalla liguria ti trovo lì. Ma io diminuisco il bere, tu fai meno teatro".
Rido. Perché pone il teatro sulla dipendenza autodistruttiva che ha per lui l'alcool. E lo vede come un tradimento. E' più geloso del teatro che di un uomo.
Eppure io tra dieci anni, mi vedo sola in un teatro. Non vedo un uomo accanto a me. Mi vedo sola, con il mio amore dentro e un pubblico che fa l'amore con me.
Non so che farmene di una coppia. Che mi porterebbe solo alla morte.
Non fare il teatro. Non finire i miei progetti. Quello sarebbe morire. O uccidere me stessa. E io voglio perdermi serenamente nell'universo.